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Racconto senza titolo (Balduz)

Era la donna più bella che io abbia mai amato, l’unica donna che io abbia amato nella mia lunga esistenza. I capelli color oro, gli occhi simili a due gemme azzurre e le labbra rosse più di una rosa. Ora non c’è più, e mai più ritornerà. E tutto per colpa mia e del mio destino, che non mi permette di amare la vita.
Ho ucciso molte persone nella mia lunga esistenza, strappandole all’affetto dei loro cari, e mai mi sono fermato a piangere la loro morte. Alcuni di loro, probabilmente, non meritavano di lasciare la terra, ma a me non importava: uccidevo e basta.
Con lei fu diverso: la sua stupenda bellezza sembrava quasi non essere di questo mondo, e forse è per questa sensazione che io ne rimasi inevitabilmente attratto. Il mio dovere era quello di ucciderla, ma invece me ne innamorai.
Per molto tempo rimasi bloccato, in bilico fra quello che era il mio dovere e quello che, invece, mi diceva il mio cuore. Ma alla fine non potevo resisterle, ed un giorno decisi di avvicinarmi a lei e di conoscerla. E scoprii di essermi innamorato non solo di una donna fisicamente meravigliosa, ma anche di una persona estremamente gentile, carina, ma anche profondamente triste, anche se ignoravo il perché. Ma nonostante la tristezza che avvertivo nel suo animo, per la prima volta il mio cuore, così freddo quando dovevo compiere il mio dovere, si era scaldato e rigonfiato di forti emozioni.
La incontrai più e più volte dopo quel giorno, arrivando a conoscere emozioni sempre più forti, finché, un giorno, decisi di rivelargliele. Il mio cuore esplose di emozione quando ho capito che anche lei, man mano che ci eravamo frequentati, aveva pian piano capito di provare qualcosa per me. E, per tutto il periodo in cui lei mi rimase accanto, il mio freddo cuore conobbe sensazioni sempre più intense, sensazioni che non avevo mai provato prima d’ora. In più, sentivo che la tristezza che era in lei, stava pian piano scomparendo, e questo mi rendeva ancora più felice. Ah destino beffardo, perché mi hai condannato a questa orrenda esistenza? Perché anche io non posso amare qualcuno come chiunque altro sulla faccia della terra? Anche se in cuor mio sapevo che la mia relazione con quella donna non sarebbe durata in eterno, rimasi sconcertato il giorno in cui le spiegai di quella sensazione di tristezza che avvertii in lei il giorno in cui la vidi per la prima volta: lei mi raccontò della sua malattia, e che i medici che l’avevano visitata le avevano diagnosticato solo tre mesi di vita. Mi raccontò che appena seppe la notizia, aveva quasi perso la voglia di vivere, e per quello compresi il perché della sua tristezza.
Ma quello che mi scosse ancor di più furono le parole che mi disse dopo: l’avermi avuto accanto, in questi suoi ultimi momenti sulla terra, le aveva permesso di ritrovare la gioia di vivere fino alla fine, ed ora che sentiva che quella fine si stava avvicinando a lei con passi sempre più pesanti, si sentiva ormai pronta a compiere il suo ultimo viaggio, senza più alcun rimpianto.
Non sapevo più cosa pensare, non sapevo più cosa dire, rimasi confuso per giorni. Finché una sera, decisi di raccontarle tutto. Lei, per tutta risposta, mi disse: “Se ci sarai tu ad accompagnarmi, ti seguirò anche se la mia anima dovesse precipitare all’Inferno”. Ed invece la accompagnai in Paradiso, perché nella sua vita era stata buona con tutte le persone che aveva incontrato, me compreso.
La gente mi dipinge come uno spietato assassino incapace di provare sentimenti. In effetti lo sono, ma quando non devo uccidere, mi capita spesso di ripensare a lei, e quando mi capita, una lacrima scende sempre dai miei occhi a rigare il mio pallido volto. Ricorderò sempre il volto, gli occhi ed il sorriso della donna che ha fatto conoscere l’amore all’Angelo della Morte.
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