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Il regno di Taris, dopo secoli di lotte, aveva finalmente trovato la
pace. Il re di Taris aveva da tempo abbandonato la spada per dedicarsi
alla cura del suo popolo assieme alla sua amata regina.
Essi volevano a
tutti i costi un erede, ma tutti gli sforzi da loro fatti non diedero
alcun frutto.
Il loro desiderio era tale che un giorno il re emanò un
proclama dove si richiedeva a chiunque avesse esperienza nel campo
della medicina di presentarsi al castello, ma tutti i medici che
risposero al proclama fallirono il loro tentativo.
Quando le speranze
dei due sovrani si stavano ormai affievolendo, giunse al castello uno
stregone che chiese di essere ricevuto dicendo di avere una soluzione
al problema.
Il re, alla vista di quello strano uomo, che più che ad uno stregone
assomigliava ad un mendicante, gli chiese: “I miei servitori hanno
detto che tu forse hai una soluzione al problema, ma innanzitutto ti
chiedo: chi sei?”. “Il mio nome, maestà, è Astragon, e sono qui per
offrirvi il mio aiuto. Vi garantisco che, con il rituale che ho
intenzione di recitare per voi, fra nove mesi avrete un erede al trono
di Taris”. Il re era perplesso, e gli chiese: “E che tipo di rituale
avresti intenzione di recitare?” “A questa domanda non posso
rispondere, maestà, ma vi garantisco che avrete il vostro erede, se mi
concederete la possibilità di provare.” Ed il re gliela concesse.
Astragon, prima di procedere, chiese al re: “Prima di procedere, vorrei
porre le mie condizioni: quando sarà certo che la regina sarà incinta,
io ricomparirò al castello per ottenere il prezzo per il mio servizio”
Il re gli chiese: “E quale sarebbe il tuo prezzo?” ”Ogni cosa a suo
tempo, maestà”. Il re era troppo desideroso di avere un erede, ed
acconsentì alla condizione. Astragon chiese un ultimo favore: “Per
essere sicuro che voi rispettiate la vostra parte dell’accordo, vorrei
che lasciaste cadere su questo anello una goccia del vostro sangue”.
Nonostante la perplessità del re davanti a quella richiesta, l’accordo
fu siglato: Astragon iniziò, così, uno strano rituale prima sulla
regina e poi lo ripeté sul re.
I due non capivano cosa lo stregone
avesse fatto, ma Astragon assicurò loro che, se si fossero congiunti la
notte stessa, nove mesi dopo sarebbe nato un bambino. “Ricordatevi:
quando la gravidanza della regina sarà ormai certa, io ricomparirò e vi
chiederò di rispettare l’accordo”. E detto questo si allontanò.
Quella notte, il re e la regina si congiunsero, come suggerito dallo
stregone. Fu un’enorme gioia quando, un paio di mesi dopo quella sera,
si venne a sapere che, finalmente, la regina era rimasta incinta.
I due
sovrani erano felicissimi, e furono indette per tutto il regno fiere,
manifestazioni e feste, per celebrare il lieto evento. Tutta Taris era
in festa.
Al quinto mese di gravidanza, con la regina che aveva ormai un bel
pancione, Astragon fece la sua ricomparsa. Il re lo accolse sorridendo:
“Non so come tu abbia fatto, stregone, ma io ti devo ringraziare, e
sono pronto a rispettare il mio accordo”.
Ma il sorriso divenne
sgomento, quando Astragon gli chiese: “È molto semplice, maestà: io
voglio il vostro trono, e voi non potete negarmelo, visto che avete
siglato il nostro accordo versando il vostro sangue su questo anello.
Quindi, consegnatemi il regno. È questo il mio prezzo.”
Il re aveva completamente perso la gratitudine nei confronti di quello
stregone: “Prima mi aiuti a dare alla gente un erede che mi succederà
quando io non sarò più, e poi vuoi che io ti ceda il trono? Sei pazzo
stregone.” Ed ordinò alle guardie di portarlo via e di prepararlo per
un’esecuzione immediata. Lo stregone si lasciò portare via, ma avvertì
il re lanciandogli un terribile monito: “Avevo previsto la vostra
reazione, ma vi avverto: quello che avrete sarà il vostro unico figlio,
e se lui morirà il vostro regno sarà destinato a cadere nel nulla.
Quindi, se volete che il vostro regno si salvi, consegnate il trono e
la corona a me.” Il re, tuttavia, non volle prestare ascolto, e quel
pomeriggio Astragon venne decapitato sulla pubblica piazza.
I mesi che restavano della gravidanza passarono senza problemi, il
parto andò bene e la regina ebbe un bellissimo maschietto.
Curiosamente
il principino nacque con gli occhi di colore diverso, uno verde ed uno
azzurro. La nascita del principino portò una gioia immensa nei cuori di
ognuno degli abitanti di Taris, sicché le parole dello stregone
iniziarono ad essere dimenticate. Quale terribile sbaglio!
Un giorno, il re era rimasto al castello perché doveva svolgere
importanti affari diplomatici, mentre la regina, il bambino, le ancelle
reali ed alcune guardie erano andate nei verdi prati di Taris per un
picnic. Nel bel mezzo delle trattative, il portone della sala reale si
aprì, ed una delle guardie al seguito della regina, gravemente ferita,
fece la sua comparsa sulla soglia.
Non riuscì a cavarsela, ma prima di
morire rivelò terribili notizie sulla regina, morta assieme al suo
seguito durante un assalto di alcuni predoni. Il re era disperato, e
provò a chiedere notizie anche del figlio, ma la guardia non riuscì più
a parlare.
Non c’era rimasto nulla sul campo di battaglia: i corpi della regina,
delle sue ancelle, delle guardie e del principino erano stati portati
via. Il re mandò emissari ovunque per cercare notizie sulla sorte del
proprio figlio, ma le ricerche non diedero alcun esito. Lentamente
nella mente del re iniziò a ritornare il ricordo di quanto detto dallo
stregone, prima di venire condotto via dalle guardie per essere
giustiziato, ma in cuor suo era ancora convinto che il figlio fosse
ancora vivo.
Passarono molti anni, ed il re si faceva sempre più vecchio, quando dal
Nord giunsero voci riguardanti la formazione di un grosso esercito,
formato da predoni, a capo dei quali c’era un giovane re. Il regno di
Taris si stava sempre più sgretolando sotto i colpi dei predoni, ed il
re fu costretto a riprendere in pugno la spada ed a muovere guerra
contro i predoni ed il loro giovane capo.
I due eserciti si incontrarono su una pianura oscurata da nuvole
tempestose, il loro incontro venne celebrato dallo scoppio di un
fragoroso temporale. Alla fine il re di Taris ed il giovane capo dei
predoni rimasero faccia a faccia, mentre la battaglia infuriava attorno
a loro. Il capo dei predoni era armato di una grossa spada ed era
protetto da una macabra armatura nera, con una maschera di teschio che
copriva il suo volto.
Il re, nonostante la vecchiaia aveva mantenuto il
suo vigore, e resse il confronto con il suo avversario alla pari per
diverso tempo, finché riuscì finalmente a colpirlo violentemente
all’addome, perforando la sua nera corazza e trapassandolo da parte a
parte. Prima di finirlo, il re volle vedere il volto del suo avversario
e gli tolse la macabra maschera. Il giovane rivolse un’occhiata al re,
mostrando i suoi occhi, ed il re rimase pietrificato a vedere da vicino
il loro colore: uno era azzurro, l’altro era verde.
Il re fu scioccato alla vista di quegli occhi, e non si accorse che il
suo avversario, nel frattempo, aveva estratto un pugnale, con il quale
colpì il re a tradimento.
Il re sentiva che la vita lo stava abbandonando, ma prima che la morte
lo raggiungesse, riuscì a dire al figlio ritrovato, anche lui
agonizzante, alcune parole.
“Come ho potuto uccidere mio figlio? Come
ho potuto condannare il mio regno?” Il figlio non capì quello che suo
padre gli disse, morendo poco prima che il padre, dette quelle parole,
esalasse il suo ultimo respiro.
Quel giorno la battaglia venne vinta dall’esercito reale, ma senza una
guida stabile Taris perse pian piano il suo vigore, ed alla fine cadde,
sotto l’attacco incessante dei predoni del nord.
La profezia di
Astragon lo stregone aveva trovato la sua triste conferma.
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