Le sottili colonne
dell’aperto Salone rilucevano dei riflessi argentei della luna e la
Grande Foresta, nobile e silenziosa, riposava sotto il limpido cielo
dell’est.
Il Custode si fermò ad osservare le stelle e, per un lungo istante, si
ritrovò a contemplare Erendyl, che brillava d’oro bianco all’orizzonte.
Era la prova più dura.
Inalò un lungo respiro, e tornò a concentrarsi sul suo giovane dilemma.
“Mi dispiace, Lýumaerël … ma è la legge.”
Eýûna
Aramil fissò il vicecomandante dei suoi Cacciatori con uno sguardo carico di compassione.
Il giovane elfo, in ginocchio di fronte a lui, non disse una parola.
I suoi occhi, resi invisibili dai lunghi capelli neri che scendevano a
coprire i lati del viso, erano fissi sul lucido pavimento di marmo
bianco.
Le labbra nascondevano un intimo sorriso.
“Legge di cui eravate a conoscenza, e che non avete esitato a trasgredire…”
Esitazione?
Il sorriso si trasformò segretamente in un ghigno contorto.
Rideva, quando era con lui. E mentre lui la baciava, ridendo volgeva
lentamente il capo all’indietro, in quel suo gesto di totale abbandono.
“Per una donna sposata avete infangato l’onore del vostro principe, la purezza del vostro casato e il nome della vostra gente…”
“La pena per il vostro reato è l’esilio… Per il vostro tradimento
sarete bandito da tutti i territori elfici sotto il dominio di Selune…
lascerete Miryaendel prima della prossima luna. E non vi farete mai più
ritorno.”
Tradimento e purezza.
Melodia cristallina del desiderio, così elegante nella sua nudità.
Così perfetta per essere Umana.
Amatemi Eýûna… vi prego.
L’elfo anziano sospirò stancamente e per un attimo si convinse che il
giovane non avesse udito una sola parola di tutto quello che gli aveva
detto... Si irrigidì, e la sua voce si fece ancor più solenne.
“Avete qualcosa da dire in riparazione delle vostre azioni, Reietto?”
Amore? Forse, ma non per lei.
Il Cacciatore si destò improvvisamente, come se una delle sue frecce l’avesse colpito alla schiena.
Alzò il capo, per guardare negli occhi il suo comandante.
Desiderio perverso di un fiore notturno. Come una falena nella sua ultima fiamma.
Lýumaerël! Lýumaerël!
“Nulla. Partirò domani stesso, Padre.”
Aramil annuì tristemente. I delicati lineamenti del vecchio Custode non potevano non tradire il suo profondo rammarico.
Si fece avanti, a lenti passi, e porse la mano al figlio ormai perduto.
L’abbracciò come un naufrago abbraccia il suo unico legno nel mare in
tempesta e solo allora, finalmente, il reietto riuscì a piangere tutto
il suo dolore. |